
Tumore al seno e prevenzione, la paura dello screening e come superarla
Quando si sceglie una routine di vita sana l’obiettivo è mantenersi in buona salute e vivere a lungo: ci sono libri, articoli, interviste a esperti e anche il passaparola tra amici. In questo video vi diamo dei consigli utili su questo argomento. Ma accanto a pasti con cibi leggeri e freschi, semplici esercizi per mantenersi in forma senza sforzo fisico eccessivo, e un’attenzione in più all’idratazione, dobbiamo ricordarci che c’è anche un’altra routine alla base di una vita in salute. Quella degli esami diagnostici, a cui è giusto sottoporsi con una cadenza suggerita dal medico di famiglia. E partecipare senza paura o timori alla routine degli screening oncologici. Non parliamo di paura a caso, visto che l’aumento di conoscenze mediche e delle tecniche diagnostiche, sempre più precise, crea paradossalmente in molti una reazione di rifiuto per il timore di scoprire un’eventuale malattia.
Screening mammografico: niente paura perché salva vite
Non è così per tutti, ma sono tanti quelli che fuggono da visite di controllo ed esami a causa dell’enorme preoccupazione di “avere qualcosa”. La paura principale è quello di scoprire un tumore maligno; la mammografia, tra la popolazione femminile, è tra gli esami più temuti insieme a Pap Test, ecografia e TAC. L’invito a presentarsi presso un centro specializzato per lo screening mammografico nazionale, gratuito e ogni due anni, viene spesso lasciato cadere nel nulla da chi è nel target tra i 50 e 69 anni. Il rischio di questa paura? Per chi evita gli esami è quello di trascurare sintomi seri, e meno seri, fino a renderli più difficili da curare o addirittura incurabili. Ce lo ha spiegato bene la dottoressa Anna Abate del San Gerardo di Monza, che lavora nella Breast Unit ed è specializzata nello screening mammografico, in questa intervista:
“Purtroppo la maggior parte delle donne, non ha ben presente il valore e lo scopo dello screening […] una modalità preziosa di diagnosi perché permette di individuare lesioni che non sono ancora clinicamente rilevabili. La maggior parte delle donne non ha ancora compreso che l’eventuale presenza di una lesione non clinicamente palpabile garantisce la possibilità di intervenire precocemente. […] Ma la prevenzione deve essere fatta con un altro spirito: non come una condanna ma come un’opportunità per rilevare lesioni ancora molto piccole con un basso impatto chirurgico, terapeutico e quindi psicologico e con una prognosi migliore”.
Mammografia: non farsi influenzare da ambiente ed esperienze
Perché la paura blocca tante donne e come si fa a superarla? Il primo consiglio è partire da una doverosa distinzione: la paura abita nelle nostre menti, il pericolo è invece presente e concreto nella realtà. La paura dei risultati di uno screening oncologico, come la mammografia, è nella testa, ma il pericolo del tumore è ben presente con il suo carico di complessità e cure. Infatti il carcinoma della mammella continua a essere il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia. Ma grazie allo screening e alla maggior consapevolezza, la maggior parte dei tumori maligni mammari è diagnosticata in fase iniziale quando il trattamento chirurgico può essere più spesso conservativo e la terapia adottata più efficace, permettendo di ottenere sopravvivenze a 5 anni molto elevate: l’88% (fonte: “Numeri del cancro in Italia 2021” di Aiom).
Quindi cosa succede quando scatta la paura per lo screening? La psicologa e neuroscienziata Lisa Feldman Barrett, nel libro “How Emotions are Made” (Come sono fatte le emozioni), spiega che noi non reagiamo semplicemente agli stimoli esterni, ma contribuiamo a creare le nostre emozioni a seconda dell’ambiente circostante e delle nostre esperienze passate. Quindi l’idea di fare un esame di screening per il tumore al seno, in un centro specializzato, con un medico e il mammografo richiama in molte un’estremizzazione: se faccio questo esame allora troverò un cancro e la mia vita è in pericolo. Si chiama predizione: il nostro cervello sta costruendo una situazione negativa anche quando, in realtà, quella situazione non esiste. E lo fa in base ai ricordi di situazioni simili già vissute come, per esempio, il racconto di qualcuno con un’esperienza che ha lasciato dei traumi. Nel caso dello screening mammografico, la predizione è la testimonianza di donne che hanno raccontato di aver scoperto così un tumore.
Ma se razionalizziamo questa situazione, la realtà ci porta a tutt’altra conclusione: si fa un esame per prevenire una potenziale malattia mortale e quindi, anche nel caso ci fosse un’alterazione o un’anomalia, si può intervenire in tempo utile per aumentare la sopravvivenza e senza dover ricorrere a interventi chirurgici invasivi o terapie molto debilitanti. In caso di paura paralizzante bisogna uscire dalla testa e guardare quello che realmente c’è: fare prevenzione permette di vivere in modo sano e intervenire in tempo. Per sua natura lo screening mammografico è un test che si rivolge a persone sane e non è per nulla invasivo. Nella grande maggioranza dei casi, poi, fornisce un risultato negativo. In conclusione, queste indicazioni non si sostituiscono al consulto e confronto con il proprio medico, ma sono riportate asolo scopo informativo ed educativo. Come quello di rispondere alla paura che paralizza e fa allontanare da importanti analisi mediche, in questo caso nell’ambito dello screening oncologico per il tumore alla mammella.